Giuditta che decapita Oloferne
Artemisia Gentileschi
Opera commentata da
Maria Cristina Terzaghi
SchedaOpera fornita da
Descrizione dell'opera
Artemisia Gentileschi, Giuditta che decapita Oloferne (1620 ca.), olio su tela, cm. 199 x 162,5. Firenze, Galleria degli Uffizi.
Qualsiasi trattazione di Storia dell'Arte, centrata sulle strette relazione esistenti tra opere e vicende biografiche degli autori, non può non prendere in considerazione questa celebre tela. La brutalità con cui è descritto il tema biblico non lascia dubbi sulla possibilità di interpretarla come espressione di un inconscio desiderio di rivalsa, maturato da Artemisia per effetto della violenza subita ad opera del pittore Agostino Tassi. Ma la fama dell'opera non può risiedere solo in questo: seppur evidente, la discendenza dal modello caravaggesco non impedisce di riconoscere il notevole talento artistico della pittrice. Quello che le permise di conquistarsi la fiducia del padre Orazio, il quale la volle al suo fianco nelle imprese decorative più impegnative, preferendola agli stessi fratelli.
Bibliografia
- K. Christiansen - J. Mann (a cura di), Orazio e Artemisia Gentileschi, catalogo della mostra (Roma-New York-Saint Louis), Milano, 2001;
- R. Contini e F. Solinas (a cura di), Artemisia Gentileschi. Storia di una passione, catalogo della mostra (Milano), Milano, 2011;
- Lettere di Artemisia, edizione critica e annotata con 49 lettere inedite, a cura di F. Solinas, con la collaborazione di M. Nicolaci e Y. Primarosa, Roma, 2011.